DaD o non DaD? Questo è il problema?
- Mirko Garofalo
- 15 nov 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Entriamo nel merito del problema spinoso che tanto è di attualità: che fai per tuo figlio scegli la DaD o lo mandi in presenza?
DPCM a parte, tralasciando le normative regionali e comunali che ormai sono più avvincenti delle studiatissime serie tv, la scelta su come proseguire questo anno scolastico sta viaggiando di bocca in bocca più velocemente del COVID.
Tra chi "io scelgo di tutelare mio figlio e lo farò studiare da casa" e chi "io scelgo di tutelare mio figlio e lo manderò a scuola" ho la personalissima impressione che gli unici ad essere tutelati sono i genitori, o meglio le loro ansie.
Se parliamo di rischi o di performance sono sicuro che entrambe le scelte sono piene di lacune. Per questo vorrei rassicurare quelli che nel dubbio, tra così tante certezze, si sono sentiti dei pessimi genitori: in realtà non esiste una regola generale che valga per tutti.
L'apprendimento è un meccanismo molto più complesso e, oltre ad essere legato al setting, i processi che lo caratterizzano sono fortemente legati anche alle emozioni.
Senza addentrarci nelle teorie psicologiche che sono a sostegno di quanto affermato, iniziare a cogliere che lo stato di benessere di un bambino, il suo equilibrio e le sue potenzialità di apprendimento sono strettamente legate, può essere una chiave di lettura per partire proprio da lui e dal suo stato attuale per capire che tipo di scelta prendere in considerazione.
Ci basta guardare al nostro passato per ricordare quei giorni in cui non vedevamo l'ora di uscir di casa per lasciarci alle spalle quel brutto rimprovero ricevuto a casa e in cui la scuola, con i nostri amici e quella routine così rassicurante, sembrava l'unico posto in cui desideravamo stare. Oppure, ricordate le ansie legate ai rapporti con i compagni, con i maestri o semplicemente l'inspiegabile bisogno di non lasciare la mamma o il papà, che trasformavano la classe una cella da cui mai e poi mai saremmo fuggiti?
E quindi? Dobbiamo decidere di giorno in giorno?!? Ma certo che no...
Bisogna chiedersi come stanno i nostri ragazzi, capire che loro sono innanzitutto i destinatari dell'intervento e interrogarci sul loro stato di benessere. Perché ogni scelta sarà piena di tranelli, difficoltà e rischi e, dinanzi ad ognuno di questi problemi, sarà il loro equilibrio a far la differenza tra un ostacolo da superare ed una difficoltà insuperabile.
Questo varrà per una connessione che cade come per una prova andata male.
Partiamo dal parlar con loro capendo come stanno vivendo tutta questa precarietà, cogliamo quanto la percepiscano come instabilità. Magari scopriremo che questo senso di incertezza, questo clima di iper-attenzione alle procedure, è un macigno che rende molto più ansioso un bambino che è tendenzialmente preoccupato delle sue performance. Non sarebbe strano se non riuscisse a decifrarlo da solo.
Oppure potremmo scoprire che la paura di deludere la mamma o il papà lo inibisce davanti lo schermo.
Sono tante le cose che potrebbero venir fuori e, fidatevi, dopo aver fatto questo vedrete che lo schermo o la pandemia saranno solo un piccolo, grande problema che si risolverà da sé... solo rispettando le regole e senza pretendere di averne ad hoc per le esigenze di ognuno di noi adulti.
Laddove vi rendiate conto di essere poco abituati a parlar con loro, non preoccupatevi: c'è sempre tempo per recuperare ed affidatevi alla scuola o a delle figure specializzate.
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